a casa di ross

a casa di ross
Avrete sicuramente fatto caso che, quando ci si porta un ombrello appresso, di solito non piove; mentre diluvia se lo si è dimenticato a casa (legge di Murphy). Siccome oggi minacciava pioggia a catinelle, l’ho diligentemente infilato in borsa, (anche perché si rivela prezioso quando la legge di Murphy fa cilecca, evita di tornare a casa bagnati fradici). Se poi aggiungete che nella citata borsa ci ho ammucchiato ordinatamente: l’agenda (non posso vivere senza), la bottiglietta dell’acqua (imprescindibile), il portafoglio (vitale), le chiavi di casa (indispensabili), il telefonino (necessario), una mela (utilissima in caso di attacco di fame), i guanti e la sciarpa (preziosi in una giornata come questa), fazzolettini di carta ed altre varie frivolezze (sempre abbondanti nella borsa di qualsiasi essere femminile), tre penne (meglio abbondare), bloc notes (per prendere appunti durante le lezioni), la dispensa del Gambero Rosso (per seguire le lezioni di questa settimana), la macchina fotografica, ormai mia appendice (con batteria di riserva al seguito non si sa mai) più il peso della borsa stessa... insomma, la mia borsa pesava tre chili e mezzo. Ma non basta: ci ho aggiunto finanche il libro che sto rileggendo (Piero della Francesca, favole in cucina: ricette, racconti e segreti della terra di Piero, editore Skira, cliccando qui accederete alla pagina con la segnalazione che ho fatto) per il viaggio in metropolitana. E siccome il rio destino ci mette sempre lo zampone, proprio oggi al Gambero Rosso ci hanno consegnato il manuale di pasticceria professionale, strumento indispensabile di studio e lavoro, che pesa la bellezza di un chilo e 730 grammi... E siccome l’autobus non è passato, oltre alla passeggiata, antelucana, con Taddeo mi sono fatta circa due chilometri e mezzo all’andata ed altrettanti al ritorno: oh, quanto ho desiderato un essere maschile, non uno qualunque, ma un Maciste, a farmi da portaborsa... Insomma, stasera ha fatto il suo rientro a casa uno straccio di donna con le braccia più lunghe di almeno un centimetro: e se continuerà così, tra un mese strascicherò le braccia per terra... Già, la borsa... tante volte Joannes Carolus ha filosoficamente osservato che la mia non è una borsetta normale da signora, ma la valigia di Mary Poppins; e chiedendosi, ovviamente metaforicamente, che cosa mai, acciderba, ci mettessi dentro per farla pesare così tanto... Ma, poffarbacco, l’essenziale, nooo? Mutatis mutandis, nel flan ci ho messo le carote, per farlo così buono, anche se mi è balenata l’idea di poterlo preparare con la zucca. La salsa al sedano rapa è davvero deliziosa, e sposa benissimo, così profumata e delicata, alle carote. Consiglio di preparare la salsa in precedenza, in modo da servire il flan appena sfornato, come se fosse un soufflèe, perché un poco si “ammoscia”. Io l’ho servito sformato, però si può presentare benissimo nelle cocottine. Il flan, per chi non lo sapesse, è uno sformato a base di uova sbattute, cotto in forno, e si possono chiamare flan anche i dolci a base di pasta frolla, farciti con creme; però in Francia e Spagna “flan” è sinonimo di crème caramel. La ricetta l’ho presa dall’inserto del Corriere della Sera, e l’ho leggermente modificata per quanto riguarda il peso delle carote e del parmigiano reggiano grattugiato.
Cliccare sulla foto per accedere alla pagina con la ricetta e le foto della preparazione.
FLAN DI CAROTE CON SALSA AL SEDANO RAPA
mercoledì 3 marzo 2010