a casa di ross

a casa di ross
Le pulizie di primavera, a casa nostra, specialmente in cucina, hanno un sottotitolo, ovvero: quando si comincia non si sa quando si finirà e, cosa assai più divertente, non si può prevedere che cosa salterà fuori. Ho fatto alcuni ritrovamenti spettacolari, recuperando cose che ritenevo perdute per sempre. La cosa è iniziata durante la preparazione delle pastiere: ho aperto lo sportello di un pensile, quello che ho destinato ai prodotti di pasticceria, per cercare l’acqua di fiori d’arancio. L’avevo vista proprio il giorno prima: “Deve esserci”, ho brontolato, mentre, in punta di piedi, le mani procedevano a tentoni, tra le buste del lievito per dolci ed il vasetto dello sciroppo di glucosio. Ho spostato, appena, il barattolo dove tengo lo zucchero al velo, per guardare tra la scatola dell’amido di mais e la scatola della granella di zucchero, e poi... poi mi è caduto in testa di tutto, in un’allegra slavina. Ho guardato sconsolata il variegato panorama sparso sul pavimento di mezza cucina. La scatolina con l’acqua di fiori d’arancio mi guardava, sorniona, dietro la scatola delle gocce di cioccolato. Ho calcolato di aver perso venti minuti per cercare la scatola con le fialette e poi per rimettere a posto tutto quanto. Sopra la mia testa, un bel fumetto pieno di parole ed immagini che qui non posso trascrivere. In questi anni ho accumulato ogni sorta di attrezzo per cucinare, e così, ogni volta che cerco la grattugia per il limone, la frusta tonda, o la rotella per la pasta devo impazzire a ricordarmi dove mai possa essere questo o quello, e poi frugare nei cassetti o nei pensili per diversi minuti. Idem quando cerco la gelatina, o il lievito, od il baccello di vaniglia, la granella di zucchero... Ho i pensili che ogni tanto battono bandiera bianca, dichiarando l’overbooking, respingendo fieramente ogni tentativo di introdurre qualsiasi altro nuovo oggetto; i cassetti che esondano di fruste, grattugie di ogni genere e forma, ogni sorta di attrezzi per la pasta, scavini, molte forme per i ravioli, matterelli, palette, pinze, diversi esemplari di setacci, gratelle, il trita prezzemolo, l’attrezzo per fare le palline di gelato, il termometro a sonda per la cioccolata e quello per le carni, le spatole di plastica per lavorare la pasta, mascherine per decorare le torte, la fiamma a gas per gratinare, l’affetta mela, l’attrezzo per tagliare a rete la pasta, l’elettrodomestico per le crepes, e molto, molto, ma molto altro ancora. Insomma, la spettacolare eruzione del pensile mi ha fatto capire che era giunto il momento di effettuare le pulizie di primavera, in cucina. Un lavoro mica da poco, conoscendo la mia formidabile attitudine ad acquistare ma, soprattutto a conservare. Ho visto cose che voi umani... potrei parafrasare. Man mano che la pulizia, quasi uno scavo, procedeva, come un’archeologa ho riportato alla luce anche reperti del secolo scorso, nell’ordine: una caraffa di cristallo del servizio di nozze di mia madre, delle vecchie presine di mia nonna, barattoli di tè, vuoti, di Harrod’s, (residuati del mio primo viaggio a Londra del 1976, roba da MoMa di New York), alcune tazze di un servizio della zia Marianna (1918), una teiera, ricordo di un mio soggiorno giovanile in Scozia, una salsiera di porcellana che credevo di aver perduto in seguito all’ultimo trasloco, una zuccheriera di indefinita provenienza contenente ancora tracce di zucchero (o presunto tale), una vecchia yogurtiera rotta (conservata, in caso si trovasse il modo di ripararla) e quindi inutilizzabile, ed altri manufatti di eterogenea provenienza e databilità (no, il carbonio 14 ancora non serve...). Al che il Gian, spiritoso, ha chiosato: “In questa casa non si butta via proprio niente.” Fatto ordine nei cassetti e negli armadietti, buttate le eccedenze, (una mezza giornata di lavoro in totale, e mi è andata bene) ricollocati i souvenir in luogo più consono ed accogliente, per ritemprarmi da tanta fatica ho preparato un risottino semplice, ma buonissimo, ai pomodorini di Gragnano: ma potevo preparare un normale risotto al pomodoro? Ovviamente no, quindi, per colorarlo e profumarlo ho usato lo zafferano, che, come ormai sanno anche i sassi, amo appassionatamente, e che ha dato un tocco esotico e nuovo al risotto al pomodoro. Ho usato lo zafferano in pistilli: chi non lo avesse, può usare lo zafferano in bustine, avendo però cura di aggiungerlo però a fine cottura, contemporaneamente al parmigiano.
Cliccate sulla foto per accedere alla pagina con la ricetta e le foto della preparazione.
RISOTTO CON POMODORINI DI GRAGNANO AL PROFUMO DI ZAFFERANO
sabato 11 aprile 2009