a casa di ross
a casa di ross
Chissà perché i tappi delle bottiglie di acqua minerale sono così duri da aprire: paiono incollati, da tanto si fa fatica, penoso accidente che costringe a sforzi inumani; ultimamente uso uno schiaccianoci, ma ho scoperto che posso scassinare la bottiglia persino con un trinciapolli, quando non ho a disposizione “Braccio di Ferro” Joannes Carolus. Ho visto puerpere mendicare l’apertura di una bottiglia a nerboruti infermieri; ho udito miti vecchietti allettati in ospedale proferir epiteti irriferibili, seguiti da gesti inconsulti (ed anche pericolosi per la mitralica, vista l’età), quali il brandire selvaggiamente la bottiglia stessa per martellarla un po’ ovunque qua e là, nel vano e disperato tentativo di ammorbidire la ghiera: salvo poi veder esplodere il detto tappo con impressionante boato, seguito, come un razzo, un fuoco d’artifizio, da un gran spruzzo di acqua frizzante sparsa ecumenicamente per ogni dove, a bagnare ogni cosa fosse a debita portata. Quello dei tappi è purtroppo un annoso problema che parte da lontano: da quando cioè le bottiglie di acqua minerale erano con il tappo metallico. Credo sia capitato a tutti, almeno una volta, di giungere al loco fissato per il pic nic, per accorgersi immancabilmente di non essersi opportunamente e preventivamente dotati di apri bottiglie; e, dopo un momento di truce disperazione, per non morire di sete, ci si poteva miseramente ridurre ad aprire la bottiglia con i denti (operazione codesta che comportava una notevole dose di perizia tecnica, sconosciuta ai più, che toccava quindi in sorte al più valoroso della compagnia): e, se, per gramo, gramissimo caso, la detta compagnia fosse stata orbata del valoroso e si fosse stati portatori di dentiera sarebbe stato meglio assai astenersi dall’esperimento e cercare un ruscello, prima di rassegnarsi a chiamare soccorsi o rimontare in auto per cercare il primo bar disponibile. Quindi abbiamo salutato con tripudio l’avvento del tappo a vite, prima di accorgerci quale meccanismo infernale e perverso fosse. Lancio dunque un accorato appello alle aziende che commerciano le bottiglie d’acqua, acciocché abbiano dunque pietà di noi poverelli sforzati, anziani, bimbi e donne incinte, e non incollino il tappo alla ghiera. Or dunque, dopo aver fieramente combattuto e domato una feroce bottiglia di acqua minerale a colpi di schiaccianoci, ho confezionato una splendida zuppa di farro, nata dopo attenta valutazione degli avanzi in frigorifero ed in dispensa, prima che scadano: ceci e farro sono ben poco acconci alla stagione calda, ed ormai, come recita il bel testo di Guarini musicato da Monteverdi (III libro dei Madrigali, 1592), è primavera, gioventù dell’anno...
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ZUPPA DI FARRO CON CECI E CARCIOFI
martedì 15 marzo 2011