a casa di ross
a casa di ross
Detesto i calzini; so che sono necessari alla sopravvivenza dell’umanità, ma sono per me fonte di gran seccatura: perché, dopo il bucato, li devo appaiare correttamente, prima di riporli nell’apposito cassetto. Joannes Carolus ne possiede di molte, ma di molte paia, da appaiare, per cui lascio che i detti calzini si ammucchino man mano. Mucchio che trasloco, a mo’ di memento, per ogni dove (calzini come il questionario del censimento, il quale, a tutt’oggi orbita, non ancora compilato, tra la panca del pianoforte, il trumeau di mia suocera e la scrivania di mia nonna), che aumenta di bucato in bucato: sinché il malloppo diventa una montagna (sulla quale la Tatti pratica la meditazione gat-zen, ricoprendo i calzini di peli fastidiosissimi), mentre nel contempo, il gigantesco cassetto deputato ad accogliere i calzini puliti ed appaiati si svuota, in modo inversamente proporzionale; cassetto vuoto che costringerebbe il mio consorte andare in giro scalzo, con evidente disagio per le sue appendici pedestri e grande nocumento per la mia reputazione di moglie. Appaiare i calzini sembra un’operazione di tutto riposo, invece è una roba noiosissima, che mi prende un bel po’ di tempo, perché li devo appaiare in modo che Joannes Carolus non vada a deambulare qua e là con un calzino grigio ed uno blu: ‘ché i calzini sembrano uguali, ma hanno differenti gradazioni di blu e di grigio, molti sono lisci e molti altri hanno coste di grandezza differente; quindi per appaiarli correttamente devo operare in piena luce e con grande pazienza. Operazione al termine della quale spesso mi rimane un unico calzino, muto e solingo, oppure più calzini, evidentemente non affini tra loro, che vanno a finire in una scatola, ormai piena, di calzini spaiati, che ho ribattezzato la solitudine dei calzini primi, che spero, prima o poi, di riuscire ad appaiare tra loro. Ciò mi fa pensosamente sospirare e congetturare su ove mai codesti benedetti calzini vagabondi vadano a finire: forse al piano di sotto, spariti nel foro del pavimento del quale mi parlava, con voce lugubre, mio nonno, il Decio, il quale lamentava clamorose sparizioni di oggetti da casa sua, dovute proprio a codesto ferale inconveniente di progettazione. Non basta: sono afflitta finanche dalla sparizione di uno dei miei calzini, introvabile ormai da quattro giorni malgrado le serrate ricerche. Io cerco il mio calzino, lo cerco e non lo trovo, chi sa dove sarà...
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PENNETTE DI GRAGNANO CON FUNGHI, PISELLI E PROSCIUTTO AL PROFUMO DI LIMONE
martedì 8 novembre 2011