a casa di ross
a casa di ross
Non siamo superstiziosi: siamo sempre partiti, tornati e financo sposati, di venerdì, senza trovare, di regola, soverchi problemi. Siamo partiti da Milano alle 10,40 di ieri mattina per arrivare a Roma, alle 13 di oggi: persino Poppea, che viaggiava con schiavi e portantina, ci avrebbe messo meno. E’ scandaloso che la Società Autostrade, che sapeva bene che sarebbe nevicato, abbia trascurato di far uscire gli spazzaneve, lasciando che in autostrada, di venerdì pomeriggio, entrassero tutti i mezzi pesanti senza le catene. Va da sè che, al primo cadere dei fiocchi di neve, alcuni Tir siano andati lunghi, mettendosi di traverso nella carreggiata e bloccando poi l’Italia intera. E’ stato un incubo, essere abbandonati senza assistenza, notizie, bevande calde, coperte, in mezzo ad una strada, con due gradi sotto zero, tutto il pomeriggio di ieri, la notte ed il mattino di oggi, sotto una nevicata che ha assunto proporzioni bibliche subito dopo pranzo, quando ormai, passato Barberino, pensavamo di avercela fatta. C’erano auto con famiglie intere, bambini piccoli, persone malate, anziani, che si son ritrovati sotto la bufera senza avere una bottiglietta d’acqua od una tazza di tè, una toilette. Alle 20,30 ha telefonato la Mavi, che, seguito il telegiornale, aveva avuto il presentimento che fossimo tra gli sfigati bloccati a Firenze Sud: oltre a confermarglielo, ci siamo fatte quattro risate, perché eravamo ancora ottimisti di rientrare a casa per le due del mattino. Siamo scesi dall’auto, stanchi di stare seduti, come tanti altri, ed abbiamo fatto quattro chiacchiere con i nostri vicini di sventura, cercando di far passare il tempo con una chiacchiera e qualche risata, cercando di carpire dai camionisti qualche informazione sullo stato delle italiche terre. Joannes Carolus, intorno alle 21,30, ha proposto di uscire a Firenze e trovare un albergo; al che sono stata io ad aggrottare le sopracciglia: a prescindere che dubitavo che saremmo mai riusciti a raggiungere un’uscita prima delle quattro del mattino, con il nostro a dir poco imponente bagaglio da scaricare, e cane e gatto al seguito, nessun albergo ci avrebbe mai accettato: sarebbe stato più acconcio alla nostra situazione chiedere asilo a qualche circo, se mai ce ne fosse stato uno da quelle parti. Abbiamo quindi sognato, vagheggiando circa il pernottamento in un motel, non sapendo bene nemmeno dove fosse, e poi, figurarsi: se mai ce ne fosse stato uno in autostrada, ormai ci sarebbero stati solo posti in piedi (un po’ come a Betlemme la notte di Natale). All’una di notte ormai ci eravamo rassegnati a passare la notte in auto, e posso assicurare che dormire in auto, da seduti e senza coperte, mentre fuori c’è la neve a mucchi e fa un freddo polare, non è esattamente agevole. E meno male che, fortificati da lunga esperienza pregressa, avevamo, come sempre, il cesto della merenda ben guarnito: panini, fiocco di Parma, focacce, grissini, biscotti, tre bottiglie d’acqua minerale, crackers ed anche un poco di cioccolatini preparati da me, cosa che ci ha confortato non poco (così come le telefonate di amici e familiari, che ci hanno accompagnato affettuosamente nel nostro piccolo calvario fuori stagione, pieno di sì tante stazioni freddolose). Ogni tanto accendevamo l’auto per far partire il riscaldamento, anche perché avevamo Otto e Taddeo nei trasportini, loro sì eroici, perché digiuni dal mattino, imprigionati in poco spazio in mezzo ai bagagli, alle scatole ed alle buste dei regali, senza poter bere, mangiare e fare i bisognini, a soffrire il freddo (Taddeo, il più freddoloso di tutti, all’invito ad uscire per la passeggiatina notturna, ha guardato la neve, ha rabbrividito, ci ha guardati ed ha replicato con un secco: “Fossi scemo”). Alle sei del mattino, intorpiditi, stanchi ed assonnati, abbiamo finalmente raggiunto l’area di servizio Chianti Ovest, che però era letteralmente impossibile da raggiungere: due pattuglie della stradale disciplinavano l’ingresso delle auto e dei camion già dalla corsia di decelerazione, perché l’area era talmente affollata da non permettere fisicamente l’aggiunta di altro materiale ferroso ed umano (c’entra, a quanto pare, la famosa legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi, nonché il vago sospetto che ormai le orde affamate avessero, come le cavallette, disintegrato via tutto). Abbiamo quindi proseguito per Arno Ovest, altro punto di ristoro venti chilometri più in là, preso anche questo letteralmente d’assalto, e ci siamo accodati al mucchio vociante di gente a far la fila per gustare, finalmente, un paradisiaco cappuccino caldo, una morbida e succulenta brioche, una preziosa bottiglia d’acqua e la toilette; scambiandoci racconti dell’orrore, di gente in autostrada dalle 9 di mattina del giorno prima, che veniva da Venezia o Bergamo, con una faccia che ormai non aveva più molto di umano. Rifocillati, riscaldati, tranquillizzati dalle notizie, abbiamo finalmente raggiunto Orvieto (a mezzogiorno!), e poi, finalmente, la tanto agognata casa, mentre lo speaker di Isoradio snocciolava allegramente (ancora) notizie di code e rallentamenti a fisarmonica (e fanno anche gli spiritosi, visto che le code, le famose code a fisarmonica, raggiungevano i 40 km di lunghezza), bufere, incidenti, nevicate, disagi, perdite di carico dai mezzi pesanti, morti e feriti, in tutto il territorio nazionale, tra Aosta e Reggio Calabria, isole incluse. Possiamo dire che Venerdì 17 questa volta ha fatto onore alla sua fama, ma la Società Autostrade, secondo me, ha fatto la sua parte, che è stata ben preponderante...
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TORNANDO A CASA SOTTO LA NEVE
sabato 18 dicembre 2010